Mondo Libero #005

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Notizie dal mondo

Referendum sull’ammisione della guyana esequiba da parte del venezuela

Domenica 3 Dicembre  si è svolto un referendum, il quale ha avuto esito positivo(95% di voti positivi tra coloro che sono andati alle urne), promosso dal governo venezuelano per permettere al Venezuela di poter annettere il territorio dell’Esequiba appartenente alla Guyana.

L’Esequiba è un territorio conteso da più di un secolo poiché è una regione molto ricca di petrolio e diverse risorse minerarie(motivo principale del referendum). Il presidente venezuelano Maduro ha espresso grandissima soddisfazione per il risultato del referendum, che però ha solo valore consultivo e non vincolante: il presidente Maduro ha quindi ricevuto il mandato da parte dei cittadini venezuelani, di rivendicare la sovranità del Venezuela sulla Guyana Esequiba. Ai venezuelani è stato chiesto se volessero che l’Esequiba diventasse uno stato della repubblica federale venezuelana con il nome di Essequibo, dando ai residenti dell’area la cittadinanza venezuelana e rifiutando in questo modo  la mediazione dell’Onu.

L’esito del referendum ha avuto come conseguenza l’aumento delle tensioni tra il Venezuela e altri paesi dell’area: anzitutto la Guyana stessa , ma anche il Brasile che confina con entrambi i paesi e che ha schierato truppe lungo le proprie frontiere, temendo l’inizio di un nuovo conflitto armato. Il referendum per il governo venezuelano ha un valore molto importante soprattutto perché la situazione politico ed economica interna è  in un momento molto complicato e nel 2024 si voterà per le elezioni presidenziali (distrarre il popolo tramite l’utilizzo dell’orgoglio nazionale). Dal punto di vista mediatico il referendum è servito al Venezuela per dare forza alle sue rivendicazioni sulla Guyana Esquiba, per delegittimare l’Onu e la Corte Internazionale di Giustizia e legittimare dal punto di vista politico la figura del presidente Maduro. Infine il referendum può rappresentare al tempo stesso un pretesto per ricorrere all’utilizzo delle truppe armate per prendere possesso dell’Esquiba, possibilità che comunque dovrebbe essere remota (almeno per il momento).

Luca Di Bello

Uno sguardo all’Europa

Elezioni nei Paesi Bassi: un allarme per l’UE?

Il 22 Novembre 2023 si sono tenute le elezioni politiche nei Paesi Bassi, nelle quali gli olandesi si sono trovati a decidere quali partiti li rappresenteranno in parlamento; partiti che in seguito avranno il compito di consultarsi con il monarca per discutere quale leader o partito avrà il compito di formare un governo.

Il Partito della Libertà o PVV è passato dall’11% del 2021 al 23,7%, stabilendosi saldamente come prima forza in parlamento; si posiziona al secondo posto la coalizione di sinistra, guidata dai Verdi, che si è assicurata il 15,6%. I Popolari del premier uscente Mark Rutte, si fermano solamente a un 11%, crollando di 7 punti rispetto al 2021. Vi è poi una quarta forza, il NSC (Nuovo Contratto Sociale) fondato subito dopo la caduta del governo Rutte.

La vittoria del PVV nei Paesi Bassi, guidato da Geert Wilders, non significa automaticamente la formazione di un governo: i partiti sconfitti potrebbero formare una coalizione per mettere in piedi una maggioranza. La possibilità di una coalizione di governo dipenderà dalla posizione del NSC; se i populisti di sinistra decideranno di appoggiare la coalizione del PVV allora si potrebbe formare un governo guidato da Wilders, anche se altamente instabile.

Il secondo scenario invece è quello di un NSC che si schiera con le forza di centro e di centro sinistra, dove si andrebbe a formare una coalizione di larghe intese guidata dai Verdi, in cui conviverebbero liberali, popolari, verdi, socialisti e populisti anti-establishment.

La politica europea è appesa a un filo molto sottile: nel 2024 si andrà a votare per il Parlamento Europeo ed i partiti tradizionali perdono consensi, mentre i progressisti fanno fatica a stare al passo; ci troviamo da una parte i populisti di destra, come appunto Wilder, che spingono per una minore integrazione europea e maggior indipendenza, dall’altra i partiti anti-establishment, spesso anch’essi euro scettici e nazionalisti.

In mezzo vi è il mondo liberale e tradizionale, che ha sempre meno fascino. Il nostro mondo dovrà ritrovare il proprio spazio nelle proposte concrete, nei leader carismatici e nel miglioramento dell’attuale Unione Europea, perché altrimenti saremo destinati a fallire: come continente, come unione e come popolo.

Simone Loddoni

Le questioni di casa

La legge sull’oblio oncologico

È notizia di questa settimana l’approvazione in via definitiva e all’unanimità da parte del Senato della proposta di legge bipartisan sull’oblio oncologico, una norma di civiltà attesa da anni e la cui approvazione ci avvicina ad altri paesi europei (Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Portogallo Spagna e Romania) che già da tempo si erano dotati di una normativa simile. Normativa per altro che la Commissione Europea, nell'ambito del Piano Oncologico Europeo, auspica venga approvata in ogni stato dell’Unione entro il 2025. In realtà, per essere precisi, di una legge sull’oblio oncologico si parla già da tempo. Una proposta simile infatti era già stata presentata, senza successo, già durante la scorsa legislatura.

Ma partiamo dal principio, in cosa consiste una legge sull’oblio oncologico e come mai era così necessaria? Se è vero che i progressi della medicina hanno permesso negli ultimi anni di assistere a un miglioramento eccezionale delle cure oncologiche e, di conseguenza, a un miglioramento dei tassi di sopravvivenza, chi riesce a sopravvivere a un tumore si trova comunque soggetto a tutta una serie di ostacoli. Ottenere un mutuo in banca, adottare un bambino, stipulare un’assicurazione o partecipare a un concorso pubblico sono alcune delle attività che per chi è guarito, anche da anni, da una patologia oncologica sono precluse. Una discriminazione ancora più inaccettabile se consideriamo che, secondo le stime, sono oltre un milione gli italiani guariti dal cancro.

Questa legge interviene proprio su questo tema stabilendo all’articolo 1 “il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire in­formazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica». Nel dettaglio il diritto all’oblio vale nel momento in cui la persona è considerata clinicamente guarita, ossia se nei 10 anni successivi all’interruzione delle terapie non ci sono state recidive. Questo termine di 10 anni viene ridotto a 5 nel momento in cui la diagnosi viene fatta prima dei 21 anni d’età. La normativa prevede inoltre che il Ministero della Salute si impegnerà a realizzare una tabella che andrà a stabilire altri parametri temporali in base ai vari tipi di tumore.

Ora non resta che aspettare la firma del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il suo inserimento in Gazzetta Ufficiale che ne sanciranno l’effettiva entrata in vigore.

Luca Bellinzona

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