Mondo Libero #011

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Notizie dal mondo

I funerali di Navalny

Nella giornata di venerdì 1° marzo, si sono tenuti in Russia i funerali del dissidente russo Alexei Navalny, presumibilmente assassinato in carcere dai suoi stessi carcerieri con tecniche del KGB. La salma di Navalny, trattenuta dalle autorità giudiziarie russe per una settimana allo scopo di “verificare le cause del decesso”, ha finalmente potuto trovare riposo nel Cimitero di Borisov, in mezzo alla commozione ed al calore di migliaia di russi.

Il funerale si è tenuto nella chiesa dell’Icona della Madre di Dio, nel quartiere Maryino di Mosca, e già prima dell’inizio delle esequie, una lunghissima coda di russi attendeva l’arrivo del corpo, acclamando il suo nome e contestando l’autorità del presidente Putin, accusato apertamente di essere il mandante dell’omicidio. La coda, che nella sua massima estensione ha raggiunto i 1500 metri di lunghezza, non poteva passare certamente inosservata: forze di polizia sono state immediatamente dispiegate in loco, al fine di contenere la commemorazione, sicuramente temuta dal Cremlino.

Nei giorni scorsi, infatti, in tutta la Russia sono nati spontaneamente dei punti di commemorazione dedicati a Navalny e tanti dei cittadini che hanno posto un fiore a memoria del dissidente, sono stati identificati ed arrestati. Sorprendentemente, in vista dell’estremo saluto di venerdì, è stato segnalato un solo arresto.

Straziante, infine, la presenza della moglie di Alexei, Yulia Navalnaya, che ha promesso di “renderlo orgoglioso con il suo operato futuro”: dopo la notizia del decesso, la donna ha infatti dichiarato di volersi fare portatrice del messaggio portato avanti dal marito, assumendo di fatto il ruolo di nuova dissidente del regime putiniano. Navalnaya, durante la settimana, è stata ricevuta sia dal presidente Biden che dal Parlamento europeo, a testimonianza del supporto occidentale alla causa della “Russia libera” invocata dai russi che, questo venerdì, hanno salutato per l’ultima volta Alexei Navalny, sfidando il dispotismo dello zar.

Una signora afferma: “Un uomo ha sacrificato sé stesso per salvare il Paese. Un altro ha sacrificato il Paese per salvare sé stesso”. Muore l’uomo, ma non l’idea. Alexei Navalny, la terra ti sia lieve.

Gabriele De Fazio

Uno sguardo all’Europa

L’Unione Europea si prepara al riarmo

Nell’ultima plenaria a Strasburgo la Presidente della Commissione Europea, nonché ex Ministro della Difesa tedesco, Ursula Von der Leyen ha tenuto un discorso a tutto campo sulla necessità per l’Unione Europea di ripensare al proprio approccio alla questione della difesa comune. Dietro questa necessità di accelerare sulla produzione bellica l’ombra della minaccia russa che dallo scoppio del conflitto in Ucraina è sempre più inquietante. Seppur la guerra in Europa non sia ritenuta come un rischio imminente, non può essere considerata come qualcosa di impossibile, per cui, come si dice, sperare per il meglio ma prepararsi per il peggio.

Primo passo fondamentale di questa strategia fortemente voluta dalla Presidente della Commissione sono gli acquisiti congiunti di materiale bellico sulla falsa riga di quanto accaduto durante gli anni della pandemia con l’acquisto di vaccini. Sarà questa la strategia che l’Unione seguirà negli investimenti nel settore militare anche se i fondi saranno limitati a scopi strettamente industriali, di ricerca o innovazione, in quanto i trattati vietano esplicitamente che il bilancio comune sia utilizzato per finanziare operazioni con implicazioni militari o di difesa. Questo è il motivo per cui le forniture di armi all'Ucraina aggredita sono state effettuate attraverso uno strumento fuori bilancio, il Fondo europeo per la pace, che ha lo scopo di rimborsare in parte le spese dei 27 stati membri. L’obiettivo ultimo della Commissione è quello non solo di ricostruire, rifornire e modernizzare le forze armate degli Stati  membri ma anche di far si che l’Europa possa potenziare la sua industria bellica in modo da garantirsi una superiorità tecnica utile nel caso di un conflitto. Al contempo si vuole far si che entro il 2030 gli stati europei acquistino almeno la metà dei propri sistemi di difesa all’interno del mercato comunitario così da rafforzare l’inudstria bellica del continente.

Ma la Presidente Von der Leyen non si è limitata a quello. Durante il suo lungo discorso di fronte al Parlamento Europeo è stata inoltre avanzata la proposta di utilizzare i ricavi ottenuti dai beni russi congelati dai 27 paesi europei per acquistare armamenti da inviare a Kiev. L’obiettivo dell’Europa deve essere quello di sostenere l’Ucraina finché ce ne sarà bisogno per impedire a ogni costo la vittoria della Russia che sarebbe una minaccia enorme per la sicurezza del nostro continente. Se infatti usare i beni russi confiscati potrebbe essere un problema non solo a livello legale ma potrebbe portare al rischio di disincentivare gli investimenti stranieri in Europa, la strada potrebbe essere quella di utilizzare i profitti generati dai beni russi congelati, circa 4 miliardi nel 2023, secondo le stime, 17 se si calcolano i prossimi quattro anni.

Luca Bellinzona

Le questioni di casa

Manganelli sugli studenti a Pisa

Venerdì 23 Febbraio si è svolta una manifestazione non autorizzata pro-Palestina, organizzata principalmente da studenti. Il corteo è arrivato fino in Via San Frediano, di fronte alla Scuola Normale e nonostante le intenzioni pacifiche dei manifestanti, il comandante di polizia ha ordinato una “carica di alleggerimento” per sgomberare la folla e non fare entrare i ragazzi in Piazza dei Cavalieri. Le forze dell’ordine hanno reagito in modo eccessivamente violento: dai video che sono girati su internet si vedono chiaramente i poliziotti, non solo manganellare duramente i manifestanti, ma inseguirli. Si contano 13 feriti totali, di cui otto minorenni.

I video hanno fatto molto scalpore nell’opinione pubblica e alle ore 18.00 del giorno stesso diversi collettivi, partiti e associazioni studentesche del territorio hanno organizzato due manifestazioni: una di fronte al comune e una di fronte alla prefettura. Entrambi i presidi hanno marciato verso Piazza Dei Cavalieri e si è parlato di circa 5000 persone, una risposta piuttosto netta, contraria alle violenze della mattinata. Durante la seconda manifestazione sono state chieste le dimissioni del Consigliere comunale Edoardo Ziello, della Lega, il quale aveva espresso vicinanza alle forze dell’ordine e aveva descritto gli accaduti come “un lavoro impeccabile”. Visione diversa dal Sindaco, Michele Conti, stesso partito di Ziello, il quale ha dichiarato di essere “amareggiato” dal comportamento delle istituzioni e ha condannato l’accaduto.

Anche l’Università di Pisa non si è fatta attendere e il Rettore, Riccardo Zucchi, ha fatto uscire una nota in cui ha espresso “profonda preoccupazione e sconcerto per gli scontri avvenuti nel centro della città a danno della popolazione studentesca”, auspicando a un intervento delle autorità competenti per garantire una corretta e pacifica dialettica democratica.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al Viminale ricordando che “i manganelli con i ragazzi esprimono un fallimento”; parole inusuali vista la tendenza del Presidente ad esprimersi in modi più contenuti.

Il Ministro dell’Interno, Piantedosi, ha condiviso il richiamo dicendo che “l’autorevolezza delle forze di polizia non si nutre dell’uso della forza” e che andrà a valutare gli eccessi, ricordando però gli insulti da parte dei manifestanti alle forze dell’ordine ed il fatto che la manifestazione non fosse autorizzata.

Dopo i fatti di Pisa sono state organizzate manifestazioni di solidarietà dagli studenti in molte altre città d’Italia, come ad esempio Padova e Venezia. Lo stesso Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, è andato a manifestare davanti al Teatro dell’Opera di Roma, venendo però contestato dagli studenti per essere stati manganellati a delle manifestazioni quando lo stesso Conte si trovava al Governo.

Francesco Velani

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